GUELFUCCIO DI MANNUCCIO
di Volterra e il suo testamento del 1406


Il 15 marzo 1406 si riunirono nella cappella di famiglia di Sant’Andrea di Volterra il ricco cittadino Guelfuccio di Mannuccio, la moglie Francesca Cavalcanti e, a capitolo, i monaci Olivetani del convento annesso. Con loro era il notaio Francesco di Cristoforo, convocato per un testamento che diligentemente scrisse in latino e il cui testo è rimasto fino a noi.
Guelfuccio non era in pericolo di morte – sarebbe deceduto nel 1418 –, ma metteva sulla carta le sue ultime volontà con una speranza: quella di avere dei figli da Francesca e di provvedere a lei e ai parenti in caso contrario.


Cominciando dall’inizio, paragrafo per paragrafo, ordinò ai fidecommissari:
– di far seppellire il suo corpo nella cappella da lui edificata in Sant’Andrea e nella tomba da costruire per sé e i suoi futuri eredi che avrebbero dovuto porvi sopra una lapide di marmo con disegnato il suo stemma e incise delle lettere a memoria del suo nome;
– di donare dei panni “arbasci” (di lana piuttosto grossolani) e dei pannicelli ai Poveri di Cristo di Volterra e del contado;
– di destinare alle “puellas nubiles” (ragazze nubili) 50 lire entro due anni dalla sua morte; - di corrispondere alla cattedrale 100 lire per il mantenimento e riparazione delle muraglie; – di far fare per la sagrestia della stessa cattedrale, con la spesa di 20 fiorini d’oro, uno “pulcrum” (bel) piviale ornato con il suo stemma;
– di dare una certa somma di denaro “pro amore Dei” e per la riparazione e il mantenimento all’Opera di San Giusto (20 fiorini d’oro), alle chiese di San Michele (20 fiorini d’oro), di Santa Chiara (50 lire), di San Giovanni di Orticasso (50 lire), di San Marco (50 lire per compimento del coro, tramite gli operai), di San Martino del Corso (10 lire), di San Piero (50 lire), di San Francesco (100 lire), di Sant’Agostino (100 lire) e alla Società dei Disciplinati di San Michele per la cappella propria (25 lire);
– in aggiunta volle che fossero corrisposti alla chiesa maggiore, a San Piero, a San Michele, a San Marco, a San Francesco, a Sant’Agostino e alla Società suddetta 3 fiorini d’oro per due ceri di cera con “astis pictis” ciascuno per illuminare il Corpo di Cristo (la SS. Eucarestia) esposto alla venerazione dei fedeli.
Quindi dispose di:
– far costruire “de novo” in San Michele, presso la cappella di Giovanni Aldobrandini dei Nobili da Querceto, una cappella intitolata al beato Onofrio “advocato” (protettore) di suo padre Mannuccio, con l’ornamento di una tavola “bone picte” e la spesa di 100 fiorini d’oro.
La cappella doveva avere un cappellano che la servisse di continuo celebrando la messa e avesse per questo dai suoi figli maschi 50 lire di elemosina l’anno. Se però il cappellano non avesse compiuto il suo servizio per 15 giorni consecutivi sarebbe stato privato dell’ufficio. I figli avrebbero dovuto anche far celebrare la festa del beato Onofrio con la spesa di 2 fiorini d’oro. In mancanza di figli o se fossero deceduti minorenni la cappella avrebbe ricevuto una possessione con terra, casa, colombaia e pertinenze varie posta alla Fonte Nuova di Volterra.
– Anche nella cattedrale Guelfuccio ordinò di edificare una nuova cappella, vicina a quella degli eredi di Giusto di Francesco della Bese, dal titolo del beato Cristoforo e con una tavola pure essa “bene picta”. Il cappellano incaricato, che doveva essere più che trentenne, avrebbe celebrato la messa per l’anima di Mannuccio, di Lucia “eius uxoris”, di Guelfuccio e degli antecessori, e, ugualmente, se si fosse assentato per otto giorni continui, sarebbe stato privato del beneficio. Lasciava inoltre per elemosina alla cappella una bottega sotto la torre “super quam domum Marchesium”, una bottega “cum duobus hostis prope viam per qua itur ad espiscopatum”, e un terza sua bottega in Piazza “prope venditam comunis et canonicos”.

– Successivamente Guelfuccio definì i legati ai parenti. In mancanza di figli legittimi o naturali lasciò a Leonardo del fu Ventura Mannucci della contrada di Sant’Angelo 400 fiorini d’oro, e a Giovanni di Niccolò Mannucci della contrada di Piazza uguale ammontare.
– Altra somma di denaro la destinò alle donne di famiglia, insieme a vitto e vestito e l’abitazione – che era la casa del fu Zanobi di Martino – se per tutto il tempo della loro vita da vedove avessero condotto vita casta e onesta. Erano la sorella Maria (100 lire se si sposava o entrava in un monastero), la sorella Margherita moglie di Giovanni di Niccolaio medico (50 fiorini d’oro) e Nera “amite”, zia paterna, figlia del parente suo omonimo Guelfuccio di Mannuccio.
– Infine lasciò in uso alla moglie Francesca del fu Ottaviano di Ranieri del fu Gaddo da Libbiano, le case in contrada di Piazza, con torre, botteghe e chiostro, e vitto, alloggio e una personale “famula” (serva) per tutta la vita sua se, rimasta vedova, fosse rimasta casta e onesta. Vi aggiunse poi l’usufrutto di tutti i suoi beni eccetto quelli lasciati a San Michele o alla cattedrale, e dispose che ne erogasse le rendite ai poveri di Cristo “palam et occulte” (in modo manifesto o in segreto), come a lei piacerà. Se non avesse voluto stare nella casa di Maria, Nera e Margherita, si doveva corrisponderle 350 fiorini d’oro, equivalenti alla sua dote portata un tempo in famiglia.
– Quindi Guelfuccio donò all’ospedale maggiore di Santa Maria mezza proprietà non divisa con i Liscia posta nella villa di Cozzano e una casa nella contrada di Piazza un tempo appartenuta a “dominus” Lanfranco, ubicata “ante via della porta l’arco, retro cimiterium ecclesie maioris”.
– Ricordò nel testamento pure di dare 50 lire alla cappella da lui edificata in Sant’Andrea, come legato, per dote e elemosina. I monaci avrebbero dovuto far fare anche qui una tavola ben dipinta con il suo stemma spendendo 80 fiorini d’oro. Il titolo completo della cappella era dei santi Onofrio e Niccolao da Tolentino, avvocato suo personale. Gli Olivetani avrebbero dovuto celebrare la festa di entrambi.
– Successivamente Guelfuccio rimise i debiti di Antonio e di Nuovo figli del fu Bernardo da Gabbreto, di Cetto del fu Cetto Comucci da Cozzano e di Domenico Iovanelli da Gabbreto.
– Costituì infine eredi universali di tutti i suoi beni immobili e immobili i “filios”, i figli maschi, che sarebbero nati da lui e da Francesca e dispose una dote per le figlie di 450 lire.
In caso contrario dichiarò eredi universali i frati di Sant’Andrea, obbligati però a corrispondere a Francesca e alle donne di casa le loro spettanze.
– Da ultimo nominò i fidecommissari e esecutori testamentari la stessa Francesca, Pacinum Fantozzi della contrada di Piazza, Francesco di Giovanni della contrada di ser Luca della contrada di Borgo e il priore pro tempore di Sant’Andrea.

Assistettero al rogito come testimoni i monaci a capitolo: fra Matteo di ser Bartolomeo da Viterbo priore, fra Pietro di Pietro di Alemagna (Germania), fra Francesco di Giovanni da Siena, fra Giovanni di Ugolino da Bologna, fra Lorenzo di ser Bartolomeo da Pisa, fra Giovanni di Niccolaio da Viterbo, fra Malchione di Giovanni da Montepulciano, fra Cristoforo di Marco da Cortona. I frati Niccolaio di Cola da Siena e Bartolomeo di Taddeo da Bologna – l’atto ricorda – dimoravano conventuali nel monastero di San Benedetto di Siena.
Da notare la provenienza dei religiosi da varie località d’Italia, secondo le usanze del tempo e del loro Ordine.

Francesca Cavalcanti da parte sua dispose di:
– far seppellire il suo corpo nella cappella di Guelfuccio in Sant’Andrea;
– corrispondere a Cavalcante del fu Lano Cavalcanti del fu Gaddo e a Napoleone e a Bartolomeo fratelli e figli del fu Taddeo Cavalcanti 10 lire per ciascuno;
– erogare un’elemosina di 5 lire alla sagrestia della cattedrale per il suo mantenimento. Istituì infine come eredi universali di tutti i suoi beni mobili e immobili i monaci Olivetani di Sant’Andrea.


Paola Ircani Menichini, 15 ottobre 2021
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RICONOSCIMENTI


Le fotografie


– Lo stemma Mannucci nel Seminario di Sant’Andrea, secondo Marquand Pulci, M 252, da flickr.com

– Particolare del disegno della Piazza dei Priori di Volterra di David Roberts, 1835, Metropolitan Museum di New York.

– L’inizio del testamento di Guelfuccio di Mannuccio.

– La lapide sul sepolcro in Sant’Andrea di Guelfuccio di Mannuccio e di Francesca Cavalcanti con gli stemmi di famiglia.

– Sant’Andrea di Volterra, da Google maps.


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